Conservanti a bassissimo costo utilizzati nell’industria farmaceutica e alimentare.
Dov’è il problema?
Secondo uno studio condotto da dott.ssa Philippa Darbre dell’Università di Reading pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Applied Toxicology” con il titolo Measurement of paraben concentrations in human breast tissue at serial locations across the breast from axilla to sternum queste sostanze (così comuni nella maggior parte dei prodotti messi in commercio) sono state trovate in percentuali particolarmente alte nei tessuti delle donne affette da cancro al seno. L’affinità tra la loro composizione chimica e quella degli estrogeni e la localizzazione delle concentrazioni più elevate in prossimità della massa tumorale (in particolare di n-propylparaben e methylparaben) evidenziano una relazione con l’insorgenza della malattia.
Cosa fare?
1- Leggere bene l’etichetta dei prodotti facendo attenzione al suffisso Parabene. I più comuni sono: Metil-Parabene (E218; il suo sale sodico E219); Etil-Parabene (E214; il suo sale sodico E215); Propil-Parabene (E216; il suo sale sodico E217); Butil-Parabene; Isobutil-Parabene; Isopropil-Parabene; Benzil-Parabene. Aguzzando la vista noterete che anche molte note ditte che si fanno vanto della loro “naturalità” o che da anni portano avanti la causa del cruelty free purtroppo ne fanno largo uso.
2- Per le più intraprendenti autoprodurre in casa le proprie “pozioni di bellezza” utilizzando prodotti biologici: oltre alla piccola soddisfazione personale avrete a disposizione creme, maschere e detergenti controllati, freschissimi e a basso costo.
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