Forse non lo sai ma il tuo guardaroba potrebbe nascondere, insieme a qualche scheletro, anche un bel po’ di piccoli sporchi segreti…

E’ quanto rivela il rapporto Toxic Threads – The Fashion Big Stitch-Up lanciato dalla campagna Detox di Greenpeace.  L’indagine internazionale ha analizzato 141 capi d’abbigliamento di 20 famose catene di moda riscontrando la presenza di alchilfenoli, ftalati e nonilfenoli etossilati sostanze che alterano il sistema ormonale e sono, in alcuni casi, potenzialmente cancerogenere.

Chi sono?

I capi analizzati appartengono al marchio ZARA, Benetton, Jack & Jones, Only, Vero Moda, Blažek, C & A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H & M, Levi, Victoria ‘s Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl.

Perchè?

Questi grandi brand (alcuni nati in Italia come Benetton e Armani) hanno ormai delocalizzato la propria produzione in paesi dove il costo della vita insieme alle tutela dei lavoratori e dell’ambiente sono molto bassi. E qui ad agire nel pieno della sua forza è la legge karmica. Le aziende tessili inquinano senza freni le acque dei fiumi cinesi sfruttando i lavoratori e costringendo più di un terzo della popolazione a vivere senza acqua potabile. I segni di queste scelte guidate unicamente dal profitto (che, tra le altre cose, contribuiscono all’aumento della disoccupazione in Europa) si “attaccano” alle fibre di questi capi lavorati inevitabilmente con acque altamente inquinate.

Cosa chiede Greenpeace?

Greenpeace chiede ai marchi dell’abbigliamento di impegnarsi ad azzerare l’utilizzo di tutte le sostanze chimiche pericolose entro il 2020 – come già hanno fatto alcuni importanti marchi tra cui H&M e M&S – e di imporre  ai loro fornitori di rivelare alle comunità locali i valori di tutte le sostanze chimiche tossiche rilasciate nelle acque dai loro impianti”

Il nostro consiglio…

Aderire alla  campagna Detox, che inizia dal marchio Zara, e continuare a scegliere chi rispetta lavoratori, animali, ambiente e salute del consumatore, preferendo alle multinazionali che delocalizzano piccole realtà emergenti che con coraggio stanno portando nel territorio nuovi posti di lavoro nel settore bio.

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