di Lara Crinò, Il Venerdì, 21/02/2014
Polemiche in Francia per il libro di Joy Sorman. Storia di una ossessione per la carne e il cibo. In principio fu Jonathan Safran Foer. Con il suo Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? (Guanda, 2009) qualche anno fa lo scrittore americano, autore del celebrato Ogni cosa è illuminata, ha deviato dalla fiction per raccontare la sua discesa agli inferi nel mondo degli allevamenti intensivi di bovini, suini, polli, insomma tutti gli animali che servono a nutrire la popolazione Usa. Strettamente vegetariano fin dalla nascita del figlio, Foer ha detto spesso, negli incontri di presentazione del libro, che non sperava di convincere i lettori a non mangiare più carne, ma almeno si augurava «che avrebbero rinunciato almeno una volta a settimana». Ora dalla Francia arriva un¿altra voce, a raccontare il dilemma di una popolazione occidentale ipernutrita di proteine animali, attenta all’ambiente e spesso, a parole, all’ecologia, ma quasi del tutto disinteressata alle condizioni in cui le mucche, le galline, i maiali di cui ci nutriamo vivono e muoiono. La voce è quella di Joy Sorman, ospite in questi giorni del Festival de la fiction française (in Italia fino all’1 marzo) in Come una bestia (Nottetempo, pp. 171, euro 14). Pubblicato in Francia dal prestigioso editore Gallimard, vincitore del premio George Brassens, non è un saggio ma un romanzo spiazzante. Racconta di un giovanissimo apprendista macellaio, un ragazzotto di provincia segaligno e silenzioso, che finisce con trasformare il mestiere che ha appena intrapreso in una strana ossessione. Preciso, pulitissimo, stregato dall’aspetto artigianale della professione, Pim a poco a poco sviluppa con gli animali che vanno al macello uno strano rapporto d’amore, quello del boia con la sua vittima.Da leggere, non solo perché ben scritto ma perché ci fa vedere quel che non vogliamo vedere. Che è poi quel che la letteratura dovrebbe fare sempre.