“Il mio lavoro è creare splendidi oggetti di lusso. Mi piace che le persone entrino nelle mie boutique e che non sappiano che un articolo è biologico o in ecopelle. La sfida più importante consiste nel fare in modo che la gente non lo noti”.
Stella McCartney ha rappresentato e continua a rappresentare per me il modello di “un altro mondo è possibile” nell’ambito della moda eco e cruelty-free. E credo che sia grazie a lei, ai suoi capi di abbigliamento e accessori disinvoltamente e provocatoriamente etici, chic e di lusso, che è nata l’idea di questo blog VegFashion.
Anche con le sue debolezze e contraddizioni, dichiarate da lei stessa, prima fra tutte l’ uso della seta (sul punto, VegFashion è assolutamente contraria: vedi qui).
Uno dei miei desideri è riuscire ad intervistarla personalmente. In attesa di incontrarla, e in occasione della presentazione della sua nuova collezione autunno-inverno 2014-2015, offro alle nostre lettrici e ai nostri lettori l’intervista pubblicata nel suo sito.
Cos’è per te la moda sostenibile?
Disegno capi di abbigliamento fatti per durare. Desidero realizzare pezzi che non verranno bruciati o portati nelle discariche e che non danneggeranno l’ambiente. Per ogni pezzo della collezione che realizziamo, chiedo sempre cosa abbiamo fatto per renderlo più sostenibile e cos’altro possiamo fare. È uno sforzo costante per fare sempre meglio.La nostra filosofia è: meglio fare qualcosa che non fare niente. Per me, è una questione di principio: Sostenibilità e riciclaggio sono molto importanti. Tutti possono compiere semplici gesti che faranno la differenza, e anche il più piccolo sforzo ha la sua importanza.Al giorno d’oggi è compito dei designer ribaltare la situazione; non si devono limitare a stravolgere un abito ogni stagione. Sperimentare e domandare come e dove viene prodotto un vestito e quali materiali vengono utilizzati. In realtà penso che sia anche molto più interessante. Credo che la maniera migliore di creare moda sostenibile sia continuare a fare queste domande riuscendo al tempo stesso a realizzare capi e accessori desiderabili, raffinati e affascinanti che le donne abbiano voglia di acquistare.
È noto che non utilizzi pelle o pellicce per realizzare il tuo assortimento di prodotti. Perché hai preso questa decisione?
Sono cresciuta in una fattoria biologica e sono vegetariana da quando ero piccola, per cui per me è stata una scelta naturale. Tuttavia, la scelta di non utilizzare pelle o pellicce non è dovuta solo al fatto che non mangio carne o che credo che milioni di animali non dovrebbero morire ogni anno a causa dell’industria della moda. È scaturita dal fatto che credo anche che esista un legame tra l’uso di pelle e pellicce e i problemi dell’ambiente. C’è un legame enorme. Molte persone sostengono che usare la pelle non sia dannoso perché è un sottoprodotto dell’industria della carne, ma l’allevamento di bestiame rappresenta una delle maggiori cause dei gravi problemi ambientali del pianeta, inclusi l’effetto serra, l’impoverimento del suolo, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua e la perdita di biodiversità. L’Environmental Protection Agency (EPA) ha classificato le concerie come uno dei settori più inquinanti nella lista “Superfund”che individua le aree industriali più critiche che hanno necessità di essere bonificate. A parte le ovvie questioni etiche relative al massacro degli animali per utilizzarne le pelli, negli ultimi anni gli studi condotti dalla Food and Agriculture Organisation e dall’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite e da alcune ONG come PETA hanno evidenziato come l’impatto ambientale causato dalla nostra dipendenza dalla carne e dai suoi derivati non sia sostenibile. Se si calcolano le risorse necessarie per allevare gli animali che consentiranno di produrre una giacca di pelliccia o di pelle, ci accorgiamo subito che si consuma una quantità di energia 20 volte superiore a quella che serve per realizzare un cappotto in fibre naturali o in materiale sintetico. Le pelli degli animali usate per abbigliamento e accessori sono trattate con potenti sostanze chimiche per evitarne la decomposizione: esattamente l’opposto di quello che ci aspettiamo da una risorsa biologica.Sebbene i produttori di pellame promuovano i loro prodotti come “biodegradabili” ed “eco-friendly”, il processo della concia delle pelli stabilizza il collagene o le fibre proteiche in modo da bloccarne la biodegradazione. Si è scoperto che le falde acquifere che si trovano nelle vicinanze delle concerie nei paesi in via di sviluppo contengono livelli altissimi di piombo, formaldeide e perfino cianuro. Questo provoca un’altissima incidenza di tumori e di altre patologie mortali tra le popolazioni locali.
La moda etica abbraccia una serie di questioni di primaria importanza: le condizioni lavorative, lo sfruttamento del lavoro minorile, il commercio equo e la produzione sostenibile. Vi impegnate a risolvere tutti questi problemi?
Prima di tutto, non siamo perfetti. Ci siamo sempre impegnati ad adottare una produzione etica, e abbiamo recentemente aderito al programma dell’Ethical Trading Initiative. Stiamo anche lavorando al programma Clean by Design del National Resources Defense Council. Siamo il primo brand del lusso che ha aderito al progetto e ci stiamo impegnando per migliorare l’impatto ambientale dei nostri stabilimenti tessili. Collaborando con organizzazioni come questa e lavorando a stretto contatto con le persone che realizzano i nostri prodotti, cerchiamo di incrementare la nostra sostenibilità come brand.
Quali sono gli ostacoli che si incontrano nella creazione di prodotti più sostenibili??
Non produciamo i nostri tessuti da soli, per cui dobbiamo affidarci a quello che offre il mercato. A volte i prodotti biologici hanno una gamma di colori limitata; spesso non c’è la stessa varietà di tessuti. Andiamo alla continua ricerca di nuovi materiali sostenibili, ma spesso ci rendiamo conto che il mercato non è al passo con le esigenze reali. Sarebbe fantastico se riuscissimo a creare una moda di lusso con materiali 100% sostenibili e, sebbene questo non sia ancora possibile, spero che i fornitori continuino a muoversi nella direzione di alternative più sostenibili. Ad ogni stagione emergono nuove tecniche e materiali, ma devono essere testati prima di poterli utilizzare. Sto sempre in guardia nell’intento di scovare filati naturali, e il cotone che usiamo cambia quasi ad ogni stagione. Cerchiamo di utilizzare tessuti biologici e tinture a basso impatto ambientale, ma solo a condizione di ottenere un prodotto di alta qualità.
Molte persone credono ancora che la moda eco-sostenibile si limiti ai capi di abbigliamento larghi e senza forma fatti di canapa – cosa stai facendo per cambiare questa percezione?
Non credo che il termine “eco” debba immediatamente evocare immagini di indumenti oversize color avena senza nemmeno un dettaglio che li renda desiderabili, raffinati o attraenti. Non penso che le cose debbano essere brutte perché sono biologiche; per quale motivo non possono essere anche belle? Non puoi chiedere a un consumatore di giungere a un compromesso. A un cliente non si può dire: “Ecco la sua giacca che è orribile ma è biologica, ed ecco questa magnifica giacca che costa meno ma non la compri perché non è biologica”. Il mio lavoro è creare splendidi oggetti di lusso. Mi piace che le persone entrino nelle mie boutique e che non sappiano che un articolo è biologico o in ecopelle. La sfida più importante consiste nel fare in modo che la gente non lo noti. La nostra maglieria è il settore in cui otteniamo i risultati migliori grazie alle tecniche biologiche: è possibile ottenere colorazioni molto delicate. Così molti amici che indossano la mia maglieria mi dicono che la adorano, e quando dico che è biologica, per loro è una piacevole sorpresa piuttosto che una scelta consapevole. Preferisco che sia così.
Collaborando con l’associazione NRDC, hai scoperto qual è il fenomeno più allarmante relativo al modo in cui gli stabilimenti producono i tessuti?
Anche se siamo ancora in una fase iniziale del progetto, finora abbiamo scoperto che le fabbriche italiane sono molto più avanti per quanto riguarda il monitoraggio dell’impatto ambientale rispetto a quelle cinesi con cui NRDC aveva precedentemente lavorato. Tuttavia c’è sempre spazio per un miglioramento. La fase di tintura dei tessuti può rappresentare un uso inefficiente delle risorse e può essere incredibilmente dannosa per l’ambiente. In alcuni casi estremi gli stabilimenti cinesi hanno colorato interi fiumi di rosso con la tintura per tessuti. L’acqua è una risorsa vitale e pensare che un’intera sorgente possa essere rovinata a causa della moda è semplicemente spaventoso.
Credi che etica e sostenibilità siano solo una tendenza nell’industria della moda??
Tutto – in questo caso specifico o in generale – corre il rischio di diventare una tendenza o una moda passeggera. La cosa importante è che tutti continuino a interessarsi al problema: infatti tutti ne traiamo beneficio perché viviamo su questo pianeta e dobbiamo prendercene cura, perché senza di esso non avremmo niente. Quindi la questione non riguarda solo l’industria della moda, ma tutte le industrie. Mi sembra che l’industria della moda sia l’ultima del pianeta ad essersi interessata al problema dell’etica. È un aspetto che detesto della mia professione. A volte si ha l’impressione che tutti questi grandi stilisti si rivolgano a noi comuni mortali con aria di superiorità per dirci: “E quindi? È una pelliccia, è splendida!” Quelle persone sono fuori dal mondo. In realtà, le più importanti catene di negozi di abbigliamento “high street”sono più in sintonia perché stanno tentando di attuare una politica di commercio equo e di privilegiare i prodotti biologici. Perlomeno stanno cercando di adeguarsi alle esigenze di mercato.
Quali sono i piccoli gesti che fai nella vita di tutti i giorni per salvaguardare l’ambiente?
Non sono perfetta. Viaggio in aereo, guido l’auto ma riciclo molto e la fornitura elettrica di casa mia proviene da una centrale eolica. Tuttavia, per essere una vera ambientalista, dovresti staccarti dalla rete elettrica ed essere autosufficiente. Lo so e mi informo. Faccio la spesa nei negozi di cibi naturali. Vivo in una bella casa e ho l’elettricità, ma spengo le luci quando esco da una stanza. Decisamente non sono perfetta e non credo di esserlo nemmeno nel mio lavoro. Se lo fossi, metterei in vendita 20 articoli in 20 negozi in Inghilterra, non li venderei all’estero e vivrei nella mia fattoria. Quando abbiamo la possibilità di migliorare le cose, lo facciamo. Facciamo quello che è nelle nostre possibilità in modo da raggiungere risultati concreti. Se agissimo in maniera troppo estrema, questo rischierebbe di interferire con il nostro lavoro.
Le vostre fragranze sono prodotte da L’Oreal – come fai a lavorare con un’azienda nota per la pratica dei test sugli animali?
Nessuno dei nostri prodotti viene testato sugli animali. Siamo stati molto chiari su questo punto anche se significa che perdiamo molti guadagni perché i nostri profumi non sono presenti sul mercato cinese. Tutte le grosse aziende di profumi e cosmetici sostengono di utilizzare la pratica dei test sugli animali solo quando è imposto dalla legge; noi abbiamo chiarito che questo non è sufficiente e che saremo lieti di aspettare sino a quando la legge si metterà al passo con la scienza. Esistono tantissimi test in vitro in grado di sostituire la crudele e ormai obsoleta sperimentazione animale.
Spesso ti domandano come fai ad affermare che la tua è un’azienda animalista se continui a usare la seta e la lana nelle tue collezioni. Come rispondi a queste critiche?
La questione dell’uso della seta e della lana è un qualcosa che mi crea non poche difficoltà. Abbiamo chiesto a tutti i nostri fornitori di garantire che la lana che usiamo non provenga da pecore sottoposte alla pratica disumana del “mulesing”. Il “mulesing”, è una pratica cruenta eseguita senza anestesia che consiste nella rimozione della pelle in eccesso e della carne viva dalla zona anale e perianale delle pecore. Tuttavia, se eseguito correttamente, con l’anestesia e con un’accurata medicazione della ferita, questo intervento può salvare la vita agli animali, evitando loro una morte orribile causata da infezioni e shock anafilattico. Lavoriamo a stretto contatto con i nostri fornitori per garantire che tutta la lana provenga da fattorie in cui gli animali vengono trattati con rispetto e onestà. Per quanto riguarda la seta, sfortunatamente esistono molte meno alternative. Quando possibile, usiamo seta “non violenta”, ma abbiamo avuto problemi con qualità e quantità. Andiamo continuamente alla ricerca di nuovi fornitori e ci piacerebbe un giorno riuscire a utilizzare una seta 100% “non violenta”.
Qui il bellissimo sito di Stella, dove potete trovare l’intervista in originale, i prodotti e ogni informazione utile: https://www.stellamccartney.com/it
E per un’anteprima della nuova collezione Autunno-Inverno 2014-2015, vedi il video esclusivo di Vogue qui.