
“Presenze animali” di James Hillman
“Chi sono, gli animali che compaiono nei nostri sogni, e perché vengono a noi, proprio a noi che abbiamo trascorso gli ultimi due secoli a sterminarli regolarmente, a un ritmo sempre più rapido, senza pietà, specie per specie, in ogni parte del mondo? Eppure, con quanta incrollabile fiducia continuano a entrare nella nostra anima del sogno, nelle nostre fantasie infantili, nel nostro immaginario artistico – e a spezzarci il cuore con le loro sofferenze. Balzano fuori da quelle lontananze per ritrovarsi nel nostro letto al buio. E’ qui che possiamo incontrarli ogni notte, non chiamandoli ma rispondendo alla loro chiamata”.
Con questo folgorante incipit , il grande psicologo James Hillman introduce “Presenze animali”, pubblicato per la prima volta nel 1982, piccolo meraviglioso libro che raccoglie i testi di tre conferenze, risultato del lavoro svolto con il gruppo di ricerca sugli animali nei sogni che Hillman aveva fondato nel 1960 in Svizzera presso l’Istituto Jung. Hillman si autodefinisce “collezionista di sogni d’animali”, e il suo scopo dichiarato è “tentare di dar corso all’ordine divino di salvare gli animali nella nostra ecologia psichica, di mantenerli in vita, di accoglierli benevolmente”.
Hillman aveva raccolto per oltre quarant’anni sogni con animali, collocando queste apparizioni notturne nell’ambito del concetto di anima mundi che ha permeato tutto il suo lavoro. Staccandosi dalla tradizione del pensiero occidentale che degrada l’animale a res, dalla psicologia freudiana che riduce l’animale come funzione interiore dell’umano e dall’interpretazione tradizionale della psicologia jungana che relega l’animale a rappresentazione allegorica della nostra psiche, Hillman svolge la sua ricerca non sul significato dell’animale per il sognatore, ma cercando di capire l’animale sognato in sé “come se fossimo zoologi del sogno”. Hillman afferma la necessità di ascoltare l’immagine dell’animale del sogno, al di fuori delle categorie simboliste della psicologia o della superstizione, e riconoscere l’animale come tale: “La lettura della forma vivente, le metafore autoespressive che gli animali mostrano – è a questo che si riferiscono le leggende quando dicono che i santi e gli sciamani capiscono la lingua degli animali: non tanto alla lettera, in parole, quanto in senso fisico, da animale a immagine animale, parlando con gli animali così come appaiono nei sogni. Leggere l’animale, sentirlo parlare, richiede una percezione estetica ed ecologica per la quale la psicologia non si è ancora fatta l’occhio e l’orecchio, per la quale non ha ancora trovato parole che non siano semplici moralismi allegorici ma vadano al di là delle metafore”.
Gli animali che appaiono nei sogni ci ricordano che anche noi facciamo parte del regno animale, siamo animali, e gli animali hanno un senso nel loro stesso esserci, nella loro auto-ostensione di bellezza. Occorre immedesimarsi nell’animale, entrargli dentro, per entrare più a fondo in noi stessi: “L’”entrare nel topo” significa rendere giustizia a quell’essere ricco e completo che è ogni animale, con i suoi modi complicati e integrati di mangiare, di riprodursi, di nutrirsi, di muoversi, con i suoi colori, i suoi occhi, la sua geografia”.
Hillman non si fa illusioni sulla possibilità di restaurazione del regno animale che univa uomini e animali prima dello scempio culturale ed ecologico, ricordando – con una acuta dolorosa sintesi – le “modalità di degradazione” dell’animale che la cultura occidentale ha sviluppato in particolare dal cristianesimo in poi, dimenticando il rispetto per la sacralità degli animali proprio della cultura egizia e, in parte, greca, romana (stoica)e ebraica, fino ad arrivare a quella che chiama “dieta cristiana o cartesiana”: “soltanto nelle società occidentali la carne può svolgere un ruolo dietetico così accentuato, perché soltanto in questa parte del mondo la distinzione ontologica fra l’uomo e la bestia permette che la seconda sia alla mercè del primo”.
Ma, prosegue Hillman, forse proprio attraverso il sogno, possiamo ritornare nell’arca di Noè, provare a guardare con occhi animali: “Il sogno è un’arca nella quale tutte le forme viventi, specie per specie, possono rifugiarsi durante il cataclisma che avviene ogni volta che l’uomo non riesce a vedere grazie a una luce azzurra, non riesce a vedere che l’invisibile sta nell’impercettibile, un invisibile che oscura le apparenze con la loro alterità, non finalizzate ai nostri bisogni e significati”. Attraverso il sogno, possiamo restaurare il regno animale e noi stessi, e prima ancora recuperare l’arca e l’Eden: “qui, nel sogno, possiamo recuperare il modo di essere del granchio e del topo, la conoscenza del maiale, il manto animale, la coda animale, l’occhio animale”.
Gli animali vengono a noi nei sogni per proteggerci da noi stessi e dalla nostra estinzione, ma non possiamo chiamarli, sono loro che devono venire a noi: “Dormite, e sperate che sia un maiale”.