Slay

La regista e attivista francese Rebecca Cappelli ha realizzato Slay, un documentario, frutto di tre anni di lavoro, sulla violenza e gli orrori dell’utilizzo di pelle, pellicce e lana nell’industria della moda. Slay è disponibile gratuitamente sulla piattaforma di eco-streaming WaterBear.

Per guardare il trailer, clicca qui; per guardare il documentario  clicca qui.

Slay svela con implacabile rigore le violenze negli allevamenti, le uccisioni degli animali, lo sfruttamento dei lavoratori e i danni all’ambiente, che vengono perpretati per la produzione dei materiali di origine animale.

Se per l’utilizzo di pellicce l’opinione pubblica negli ultimi tempi è diventata maggiormente sensibile, tanto che a poco a poco i maggiori brand le stanno eliminando dalle collezioni, per quanto riguarda la pelle e il cuoio, è ancora diffusa la convinzione – supportata dalla falsa narrazione e pubblicità dei brand di scarpe e borse – che si tratti di un sottoprodotto dell’industria della carne a livello alimentare. In realtà – come abbiamo denunciato più volte in VegFashion – l’utilizzo nell’industria della moda è una componente essenziale dell’allevamento e dell’uccisione di milioni di animali e spesso, per taluni tipi di pellami, ne è la ragione esclusiva: pelle e cuoio nono sono sottoprodotti, ma crudeltà! Inoltre, per il processo di concia, che trasforma le pelli di animali in cuoio, si utilizzano sostanze chimiche altamente tossiche e inquinanti.
Slay smaschera anche l’ipocrisia dell’etichetta “made in Italy” su borse e scarpe, un prestigioso distintivo  che evoca immagini di artigiani italiani che lavorano con materiali di alta qualità e di provenienza etica: in realtà, per poter beneficiare dell’etichetta “made in Italy”, è sufficiente che solo una piccola percentuale del processo di produzione avvenga in Italia. Ciò significa che può fregiarsi dell’etichetta “made in Italy” una cintura in pelle ricavata da una mucca allevata in una zona deforestata dell’Amazzonia, la cui pelle è stata lavorata in uno stabilimento in India ove vengono sfruttati e avvelenati i lavoratori e l’ambiente, per infine approdare a Milano per gli ultimi ritocchi, e brillare poi nelle vetrine prestigiose di tutto il mondo.

Slay denuncia apertamente  grandi marchi che si riforniscono di pelle da fonti discutibili, come Armani, Versace, Dior, Zara, Calvin Klein e Tommy Hilfiger.

Scopo dichiarato di Slay è influire sull’opinione pubblica per modificare la domanda dei consumatori, orientando le nostre scelte verso prodotti cruelty-free e a basso impatto ambientale. Come ben sanno lettrici e lettori di VegFashion, oggi esistono tantissimi materiali alternativi a pelle, piume e pelo: belli, resistenti e ecosostenibili, possono cambiare radicalmente il mondo.

David Koma Fall 2020 show, London © SLAY